La storia è un continuum prodotto dalle generazioni in lotta le une con le altre e che si sostituiscono tra di loro. Ciascuna di esse è caratterizzata da uno specifico paesaggio di formazione. Quando invecchia e muore, la generazione al potere viene sostituita da un’altra più giovane mentre una nuova generazione, ancora più giovane, lotta con quella al potere per occupare il presente sociale.
Il momento storico è un’astrazione in cui si fotografa un istante del tempo; in un momento storico convivono ed agiscono generazioni di età differente: (1) quella che nasce, (2) quella che si prepara, (3) quella che lotta per il potere, (4) quella che è al potere, (5) quella che è stata estromessa dal potere, (6) quella che muore.
Ogni generazione, secondo Ortega, ha un’ampiezza di circa quindici anni e la sua lotta, presa e mantenimento del potere, fluttua anch’essa, generalmente, in cicli di dodici/quindici anni.
Un momento storico si differenzia da ogni altro allorché appare una generazione di rottura che segna il cambiamento di un’epoca. È una generazione critica, una generazione in cerca di nuove risposte. Compare quando gli usi e i costumi della società perdono valore e cadono in disuso, ovvero quando i valori e le credenze dell’epoca entrano in crisi; formula le domande, ma non ha ancora le risposte oppure non riesce ancora ad installarle nel paesaggio sociale.
Intorno alla fine degli anni 60 inizia quello che è stato definito da Silo “Blocco della dialettica generazionale”, la cui conseguenza è che nessuna generazione è più riuscita a installare a livello di potere i propri fattori innovativi, mentre la sensibilità ha continuato ad evolversi. In parallelo, sempre nello stesso periodo, inizia la corsa esponenziale dell’accelerazione storica, dovuta in gran parte alla rivoluzione tecnologica nelle comunicazioni.
Questi due fattori hanno condotto alla situazione attuale in cui la sensibilità comune è assai distante dal potere e dalle sue espressioni.